Classici Bonelli - Il grande intrigo - Tex 141-145

 Lectio magistralis

Quando ancora eravamo ingenui ragazzi, poco più che bambini, bastava poco per esaltarci: anche soltanto una semplice storia d'avventura a fumetti di un personaggio abbastanza monocorde come

l'ultrapopolare Tex Willer di Giovanni Luigi Bonelli. Una storia come Il grande intrigo, giusto per fare un esempio.

Peccato che il Tex di Bonelli senior non fosse per nulla così semplice e di certo tutto fuorché monocorde. Men che mai in questa lunga storia in cui riversa ogni sua risorsa di avido lettore dei grandi romanzieri d'avventura, sapiente narratore e sceneggiatore attento a sfumature e dettagli. Popolare sì, lo era: a dimostrazione del talento di Bonelli che coniugava facilità di lettura e densità di materia narrativa.

Se le antiche letture possono ingannare - si era ingenui ragazzi! -, riletture fatte negli anni, scoprendo ogni volta nuovi aspetti di cui si era precedentemente ignari, ma ogni volta provando la medesima esaltazione, forse ci dicono che quello che leggemmo e leggiamo qualche valore ce l'ha. E forse che a suo tempo eravamo ragazzi, eravamo ingenui, ma magari avevamo un buon istinto. Di certo cambiano i motivi per cui ci si esalta, ma senza sostituirsi a quelli originali: se mai sovrapponendovisi e in tal modo chiarendo ai ragazzi perché si esaltassero.

Non è la prima né l'ultima volta che lo farà, ma Il grande intrigo è una delle volte in cui Bonelli lo fa meglio: prende la ricchissima tradizione della letteratura d'avventura, prende i canoni basilari dei miti dai quali quella tradizione attingeva, e li rielabora a modo suo, li cuce letteralmente addosso a quel personaggio che è la sua proiezione narrativa. La sapienza di un grande autore genuinamente popolare è quella di attualizzare il mito, saperlo riproporre ai propri contemporanei nel linguaggio della modernità; se poi il trascorrere dei decenni scalfisce appena la superficie formale del suo lavoro lasciandolo inalterato nella sua efficacia narrativa, allora quell'autore popolare è un grande classico, e i personaggi che ha creato immagini plastiche di uomini e donne reali.

L'eroe accusato ingiustamente e infamato dalle azioni di malvagi nemici, sottoposto dalla stolidità della macchina della giustizia a un destino che fa ribellare ogni fibra morale del lettore, e che infine si riscatta e compie una sacrosanta vendetta è un topos mitico tra i più solidi e narrativamente affidabili; Dumas lo rese immortale nel suo Conte di Montecristo, Bonelli lo trasfonde nel suo immaginario seriale traendone una storia talmente texiana, talmente propria, da rappresentare un vero e proprio manuale di gestione e sceneggiatura di Tex (e non solo di Tex: chi voglia scrivere storie d'avventura non ha che da imparare). 

Nelle oltre 500 tavole di questo fluviale romanzo egli riassume ogni aspetto e caratteristica del personaggio, dei pards, dell'universo narrativo che gira loro attorno, dell'etica dei suoi personaggi e propria, dell'atteggiamento dell'uomo Tex nei confronti della vita e la propria visione di come va il mondo (e come invece dovrebbe andare se Tex potesse uscire dai suoi albi). Ed Erio Nicolò, qui ai disegni, compone a sua volta un manuale del disegno texiano, scolpendo nella mimica di Tex e degli altri personaggi ogni moto dell'animo, rendendo ogni espressione la chiara rappresentazione dei sentimenti di ciascuno: si passa dall'ironia alla furia, dalla preoccupazione allo stupore, dal terrore al sollievo potendoli "toccare con mano" grazie ai segni d'inchiostro di Nicolò.

Al ragazzo ingenuo sicuramente sfuggiva, oggi risalta invece agli occhi come in un racconto tanto lungo e dove così tanto si parla tuttavia non si abbia una parola di troppo di quanto serva. Né in meno. Ogni singola parola è attentamente soppesata e utilizzata per il suo scopo. Un discorso o concetto che viene reiterato non è mai ridondante, non è una ripetizione, ma è posto a sottolineare, a scolpire nell'immaginazione del lettore il carattere dei personaggi, il senso delle loro azioni, serve a dare corpo epico a dettagli che potrebbero apparire banali, sottolineandone invece il carattere sostanziale: il disagio crescente del vicesceriffo Morton nel dover compiere un dovere sempre più sgradito e di cui percepisce l'ingiustizia; il progressivo sollievo del capitano Stone per il fallimento di quell'analogo dovere impostogli; la natura provocatoria di Myra Solano che più e più volte cerca di forzare i pards verso la fine dei giochi per sondare le proprie possibilità di salvarsi del tutto. Di contro, nel lasciarsi quando Tex è ormai condotto al suo carcere, e nel ritrovarsi quando ne evade, i pards non hanno bisogno di dire molto, perché è il modo in cui Bonelli lo fa dire loro a dare al lettore il pieno senso di quel pathos e di quel legame speciale che li unisce e che il corporeo trasmette prima del verbale; e la superba interpretazione grafica di Erio Nicolò, come detto in questa storia più efficace che mai nel dare ai suoi volti ogni sottigliezza emotiva, conduce infine all'esaltazione di cui sopra: il ragazzo si esaltava semplicemente, in modo immediato; ma l'adulto si esalta perché non può non apprezzare il talento e il lavoro indiscutibili di due grandi artigiani, due grandi artisti. E i due abbracci, speculari, così diversi, tra padre e figlio sono la migliore testimonianza del talento dell'uno e dell'altro; oltre che due dei momenti più intensi della lunghissima storia editoriale di Tex.

Ciascuno dei quattro pards è perfettamente caratterizzato e svolge la propria funzione precisa, tutti e quattro insieme mostrano la specialità di quel legame - e certamente la difficoltà di far muovere ben quattro protagonisti senza che si sovrappongano o tolgano la scena (o un protagonista e tre coprotagonisti, ma cambia poco). Bonelli senior vi riusciva facendolo anche sembrare facile, ma non è cosa che si veda spesso: in ambito bonelliano vi è riuscito brevemente Mauro Boselli, e poi il buio.

Tex resta sempre centrale, anche nelle lunghe sequenze in cui è del tutto assente: Bonelli ne sottolinea SEMPRE il carisma fuori dal comune, sempre mostrandolo in contraltare alla meschinità dei suoi nemici e dei loro sgherri, sempre offrendolo al lettore nella fiducia di suo figlio, nella lealtà di Tiger, nell'altalena di preoccupazione, affetto, furia di Carson. Ogni singola parola di Tex ci mostra la sua dignità e la sua umanità, la sua preoccupazione di padre, di amico, di capo responsabile della sua gente, la naturale preoccupazione per sé. Intorno a Tex si dispiega un mondo di alleanze, di quotidianità, di relazioni che sono sempre rimaste tra una vignetta e l'altra e ancor più tra un albo e l'altro e che qui si incarnano in una "rete" che si contrappone man mano alla tela di ragno degli avversari di Tex: il banchiere Pelton; l'avvocato Martin; l'allevatore Finney; il corpo dei Rangers; i Pinkerton; Victorio e i suoi Mohaves; e anche un barman a nome Tom. C'è davvero un mondo intorno a Tex, un mondo che lo conosce e lo stima, oppure gli deve qualcosa; un mondo che progressivamente gli si stringe intorno reagendo agli eventi, e infine suona la musica diretto dalla sua bacchetta e ribalta la situazione di partenza.

C'è un figlio, Kit, che non è il clone del genitore: è un ragazzo molto giovane, spaventato dagli eventi e dall'assenza del padre ma che non fugge le sue responsabilità e si carica sulle spalle il compito improbo di salvare la riserva Navajo dalle mire degli avversari di Tex fin quando il padre non potrà tornare; un ragazzo che dimostra la sua età ma sa comportarsi come un adulto. Accanto a lui e a Tex c'è come sempre Tiger compagno d'avventura e protettore del primo e fratello in spirito dell'altro; mai come in questa storia l'alterità e la piena appartenenza di Tiger al quartetto mostrano la trasversalità dell'universo narrativo di Tex, il valore incondizionato dell'amicizia tra coloro che hanno in comune il sentimento profondo del giusto e il cemento della lealtà assoluta alla base di quell'amicizia.

Per quanto riguarda Carson, qui in tutta semplicità Bonelli spiega chi e cosa sia Kit Carson: un uomo di mondo scaltro e duro, pronto a dare la vita per un amico, capace di smuovere le montagne per questo e di raggiungere il suo obiettivo. Un uomo che a buon diritto Tex può definire come un suo maestro, ben diverso dal ritratto del satiro ghiottone a cui è spesso ridotto, che può andar bene per una battuta una tantum ma certamente non per caratterizzare un personaggio d'azione di cui in questa storia GLB fornisce forse la lettura più completa, ma non certamente la sola ricca di sottigliezze e sfumature: il Carson che si destreggia a Vicksburg tra Clem, Pelton e Murdock; il Carson che ottiene la confessione di Fred Redwood; il Carson che si presenta a Myra quatto quatto - scene che restano tra le più belle di sempre del personaggio per quel misto di brio, decisione, implacabilità e nonchalance sorniona con cui lo fa agire il suo autore.

A questo mondo di Tex fa da controcanto quello dell'"Uomo di Flagstaff", il "pezzo grosso" che mette in moto tutto il meccanismo dumasiano dall'accusa infamante fino alla vendetta consumata per mettere le sue mani addosso alle miniere d'oro e argento della riserva Navajo. Bonelli caratterizza questo mondo per la sua anonimità: naturalmente la bassa manovalanza, i sicari come i faccendieri di maggiore o minor spessore li vediamo all'opera con il loro volto, ma il vero potere è anonimo e remoto, i contatti di Phoenix o Washington dell'"Uomo di Flagstaff" restano sconosciuti anche dopo la loro fine; volto e nome dello stesso "Uomo di Flagstaff" restano celati fino a quattro o cinque pagine dalla fine della lunga vicenda, rivelandosi un viso qualunque e un nome comunissimo, immagine di un Male che in realtà non è altro che la comunissima, lurida avidità di comunissimi, luridi individui: sapere chi sia l'"Uomo di Flagstaff" non ha importanza davvero. Il vero e peggiore male del mondo texiano è una volta di più, e mai come questa volta, il potere remoto, in mano a tizi qualunque ma in grado di sconvolgere la vita di intere comunità solo con un tratto di penna e solo per ingrassare un conto in banca. 

Il grande intrigo è una vera e propria partita a scacchi tra questi due mondi: con la prima mossa "L'uomo di Flagstaff" dà quasi scacco matto a Tex, ma una volta arroccatosi nella relativa sicurezza del penitenziario di Vicksburg questi inizia a muovere le sue torri, alfieri e cavalli, e mentre il re avversario continua a cercare il matto gli sfila uno dopo l'altro i pedoni e i pezzi fino a uscire dall'arrocco per dare scacco matto. Ogni mossa e ogni pezzo e pedina sono sequenze narrative, d'azione o di dialogo in cui Bonelli fa sfoggio di un linguaggio pirotecnico, a volte talmente esorbitante da muovere al riso nel mezzo del dramma, eppure mai fuori luogo o fine a sé stesso: un fumetto a grande tiratura per ragazzi non poteva utilizzare un frasario troppo realistico, e a questo sopperiva la straordinaria inventiva di un grande scrittore. E all'inventiva bonelliana si accompagna di nuovo il disegno di Nicolò, tanto semplice nella sua eleganza di linee quanto complesso nell'espressività dei volti e dei corpi. La partita a scacchi è inevitabilmente lunga perché in gioco non c'è solo la pelle di Tex ma anche il destino dei Navajos, e Tex e i pards non lo dimenticano; Tex rinuncerà a vendicarsi di propria mano proprio perché Aquila della Notte prevale su Tex Willer, e per la responsabilità che ha verso il suo popolo rinuncerà perfino a dare il fatto loro a Clay Heber e Myra Solano, i due che lo avevano incastrato materialmente.

L'eccezionalità della situazione ci viene però resa chiara seppure in controluce da una scena apparentemente priva di significato narrativo avvenuta molto prima, quando i pards riempiono di botte un idiota qualsiasi colpevole di essersi fatto trascinare dal clima del processo a Tex e aver agitato un cappio in aula.

Se volessimo trovare un difetto nella trama inesorabile, matematica di questa storia, potremmo trovarlo nei suoi presupposti: perché montare un complotto tanto intricato e barocco invece di pagare un gruppo di killer e far spacciare Tex sparandogli alle spalle? Forse per avere risposta dovremmo girare la domanda a Dumas, a Jack London, o a qualche loro collega.

Difetto o non difetto, Il grande intrigo è la lectio magistralis di Giovanni Luigi Bonelli: chi voglia scrivere Tex potrebbe forse limitarsi a mandare a memoria questa sola storia per farlo bene, purché ne apprenda davvero bene lezione. E chi volesse semplicemente scrivere belle storie d'avventura qui troverebbe una miniera d'oro.

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